“Sanità, dove i morti proteggono i vivi”. A Napoli ci sono quartieri che si raccontano da soli, che parlano attraverso i muri, i volti, i silenzi. La Sanità è uno di questi. Un quartiere dove la vita scorre sopra le tombe dei santi e dei poveri e dove la cultura non si è mai arresa al degrado.
“A ’sta Sanità ce sta ’o core ’e Napule”
Il sole penetra appena tra i palazzi stretti della Sanità. Dai balconi pendono lenzuola e basilico. Il quartiere si sveglia presto: c’è chi apre la bottega, chi mette su il caffè, chi saluta con un cenno del capo.
Ciro, 74 anni, è nato e cresciuto in un basso. Ha fatto il fruttivendolo per cinquant’anni, ora passa le mattine seduto fuori casa, con il bastone sulle ginocchia.
“Qua ce stanno i fantasmi, sì,” dice sorridendo, “ma sono buoni. I morti tengono ‘o quartiere. E noi li rispettiamo.”
Sotto la sua casa ci sono le Catacombe di San Gaudioso, e un po’ più in là quelle di San Gennaro, trasformate in un gioiello di turismo sostenibile. “Mo’ vengono pure i tedeschi e gli americani,” dice con orgoglio. “Ce lo dicono che stiamo seduti sopra l’oro.
E noi, per anni, manco lo sapevamo.” Alcuni palazzi sono un varco per la Napoli ricca di affreschi e tesori culturali.
La bellezza sotto i piedi
Scendendo nelle catacombe, il tempo cambia. Si cammina tra affreschi del V secolo, crani incastonati nei muri, corridoi scavati nel tufo. Ma la Sanità non è un museo: è un organismo vivente. Anche i morti parlano. Parlano di una città che unisce sacro e profano, fede e superstizione, eternità e fatica.
Sotto l’arco che divide via Vergini da via Arena, c’è un piccolo palco improvvisato: è lì che si provano le scene con i Ragazzi del Rione Sanità, un collettivo teatrale nato per dare voce ai giovani del posto.
Ci sono ancora le sartorie, piccole, nascoste. Una in particolare, è una stanza piena di forbici, stoffe e fotografie in bianco e nero.
“Abbiamo cucito anche per Totò, lo sai? Lui era uno di noi" dicono nel quartiere.
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